Protocollo di Kyoto, 13 anni di riduzione delle emissioni
Il protocollo di Kyoto entra in vigore il 16 febbraio del 2005
La sostenibilità dei nostri consumi energetici è una sfida tanto individuale quanto collettiva. Se nel nostro piccolo possiamo fare molto per limitare la nostra impronta ecologica, il buon esito di questi sforzi dipende in gran misura dagli impegni presi in sede internazionale.
Il protocollo di Kyoto è il più celebre accordo sul clima della storia recente. Anche se in molti lo ritengono superato, la sua importanza storica è universalmente riconosciuta. Il 16 Febbraio 2018 segna il tredicesimo anniversario dall’entrata in vigore del Protocollo. Scopriamo insieme tutti i meriti di uno dei più importanti accordi internazionali in materia di clima e di energie rinnovabili.
Il protocollo fu redatto nel 1997, con la partecipazione di 180 paesi alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Ma è stato solo il 16 febbraio 2005 che il Protocollo è effettivamente diventato attivo. Con la mancata partecipazione degli USA, infatti, è stata necessaria la ratifica della Russia: per far entrare in vigore il protocollo era necessario aderissero 55 paesi, responsabili di almeno il 55% delle emissioni inquinanti.
Che cosa prevede il protocollo di Kyoto?
Nonostante gli obiettivi che ci poniamo oggi siano molto più ambiziosi di quelli fissati dal Protocollo, va riconosciuto al documento il merito di essere stato il primo a esplicitare delle linee di comportamento condivise in materia climatica. Ha rappresentato, infatti, un imprescindibile punto di partenza per le discussioni nate in seguito.
Il trattato inizialmente prevedeva una riduzione, in una misura non inferiore all’8,65%, rispetto alle emissioni registrate nel 1985. Veniva posto come obiettivo la riduzione delle emissioni dei seguenti gas, ritenuti i principali responsabili dell’effetto serra: anidride carbonica, metano, ossido di azoto, esafluoruro di zolfo, perfluorocarburi e idrofluorocarburi.
La prima fase, conclusasi nel 2012, ha coinvolto 38 paesi, oltre all’Unione Europea, che si sono impegnati a ridurre le loro emissioni del 5% rispetto a quelle del 1990.
Kyoto, insieme a dei principi di sostenibilità, introdusse anche un sistema di meccanismi flessibili per l’acquisizione di crediti di emissioni. In breve, se un paese virtuoso era più avanti rispetto agli obiettivi, poteva cedere dei crediti ai paesi che invece non li avevano raggiunti. Le nazioni, inoltre, potevano ottenere dei crediti finanziando progetti di sostenibilità nei paesi in via di sviluppo. Una delle principali critiche mosse all’efficacia del protocollo è di aver coinvolto, nella riduzione delle emissioni, solo i paesi sviluppati, permettendo a quelli in via di sviluppo di continuare a inquinare in modo da non ostacolare la loro economia.
Molto controverso è stato il ruolo degli Stati Uniti che, dopo un’iniziale apertura, non hanno mai sottoscritto gli accordi sul clima.
Quali nuovi accordi sul clima dopo il Protocollo di Kyoto?
La Conferenza sul clima di Doha, tenutasi a fine 2012, aveva esteso gli accordi di Kyoto fino al 2020, ponendosi come obiettivo quello della riduzione del 15% delle emissioni di anidride carbonica.
Ma è stato solo con la Conferenza del Clima di Parigi, svoltasi nel dicembre 2015, che la sostenibilità del pianeta è tornata a essere al centro del dibattito politico internazionale. Grazie alle discussioni in quella sede, un nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici è stato firmato da tutti i paesi che avevano già adottato il Protocollo di Kyoto. Entrerà in vigore a partire dal 2020 e si pone l’ambizioso obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.
Il ruolo dei prosumer dell’energia
Tutti questi discorsi a proposito del clima globale e della riduzione delle emissioni possono sembrare, a prima vista, astratti e lontani dalla nostra quotidianità. Nulla di più lontano dal vero.
Già oggi moltissime persone comuni contribuiscono, attraverso le proprie scelte individuali, alla riduzione delle emissioni e a uno stile di vita più sostenibile. Tutti i possessori di un impianto fotovoltaico e relativo sistema di accumulo, nel ruolo di prosumer dell’energia, partecipano attivamente alla transizione verso le energie rinnovabili. E fanno questo non solo a livello di consumi, ma proprio a livello di energia prodotta da fonti rinnovabili. Con l’elettricità ottenuta attraverso i pannelli fotovoltaici e stoccata negli accumulatori, contribuiscono direttamente al benessere dell’ambiente e alla riduzione delle emissioni.