10 proposte per ridurre la dipendenza dell’Italia dal gas estero
Le tre associazioni ambientaliste, WWF Italia, Greenpeace Italia e Legambiente, avanzano 10 proposte per lo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica per affrontare in maniera strutturale la dipendenza dell’Italia da gas estero.
L’attuale crisi energetica sottolinea, ancora una volta, l’urgenza di accelerare sul fronte della transizione energetica affidandosi a fonti di approvvigionamento alternative a quelle fossili, e in particolare, a quelle di origine estera, spesso soggette a imprevedibili fluttuazioni di mercato.
Per questo, le tre organizzazioni ambientaliste WWF Italia, Greenpeace Italia e Legambiente hanno recentemente condiviso un documento con 10 proposte per affrontare in modo strutturale la dipendenza da gas estero dell’Italia, sottolineando come l’aumento della produzione nazionale di gas fossile o la ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone o a olio combustibile siano “anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica”.
In particolare, evidenziano come le decisioni intraprese sin a qui dal Governo non entrino “nel merito dell’unica soluzione efficace” che possa permettere di affrontare, in modo strutturale, l’attuale crisi energetica, ovvero, la riduzione dei consumi di gas. Un risultato che si potrebbe raggiungere agendo sulle tre principali fonti di consumo: domestico e terziario (33 miliardi di m3 di gas – dato 2021), produzione di elettricità (26 miliardi di m3 di gas) e industria (14 miliardi di m3 di gas).
Di seguito le 10 proposte di WWF Italia, Greenpeace Italia e Legambiente per ridurre, entro il 2026, la dipendenza da gas estero dell’Italia di 36 miliardi di m3 l’anno:
- entro giugno 2022, aggiornare il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) allineandolo ai nuovi obiettivi europei di riduzione del 55%, entro il 2030, delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai dati del 1990 e valutando l’obiettivo della produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035. In tal senso, sarà importante valorizzare i pompaggi esistenti, la cui produzione è pari al 7% dei consumi elettrici nazionali, tramite una pianificazione pubblica delle localizzazioni degli impianti di produzione energetica a carattere industriale e la semplificazione autorizzativa.
- entro aprile 2022, verificare i contratti di acquisto di gas, definendo un tetto ai profitti per le aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio. Tale operazione consentirebbe di trovare anche nuove risorse economiche per un eventuale contributo di riduzione delle bollette.
- entro marzo 2023, sbloccare l’iter approvativo per almeno la metà degli impianti a fonti rinnovabili ancora in attesa di autorizzazione (per un totale di 180 GW di nuova potenza) e procedere alla loro realizzazione entro il 2026. Tale iniziativa dovrà però essere supportata anche dall’installazione di sistemi di accumulo, dal potenziamento della rete elettrica nazionale, dalla promulgazione di leggi attuative del Decreto-legge n. 199 dell’8 novembre 2021 in materia di energie rinnovabili e, non da ultimo, dalla creazione di una task force di tecnici per le istruttorie di valutazione.
- entro giugno 2022, attivare strumenti per il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili oltre i 10 MW di potenza installata, definendo specifiche procedure e aggiornando le normative al fine di informare le comunità, coinvolgerle e rendere trasparente il processo di approvazione delle opere.
- sviluppare la produzione di biometano. L’Italia è il secondo produttore in Europa, e il quarto al mondo, di biometano, ma potrebbe crescere ulteriormente, aumentando l’impiego di questa risorsa che coniuga obiettivi di economia circolare e di sostenibilità ambientale, grazie alla trasformazione di rifiuti organici differenziati, scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione.
- entro aprile 2022, escludere dall’autorizzazione paesaggistica l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici, semplificando notevolmente l’iter. Tale esclusione, non vale per edifici ubicati in centri e nuclei storici.
- entro dicembre 2022, elaborare una strategia per accelerare gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato, legando gli incentivi alla riduzione dei consumi energetici e di gas e premiando la sostituzione con pompe di calore e l’autoproduzione da fonti rinnovabili. È importante che l’ottica sia quella di una politica di sostegno ambientale e non di sostegno economico al settore dell’edilizia e che le agevolazioni siano il più inclusive possibili visto che, l’attuale quadro, tende a penalizzare chi è già in condizione di povertà energetica, ad esempio, escludendo chi non ha un impianto termico fisso.
- anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas per i nuovi edifici e prevedere, entro il 2026, l’eliminazione delle stesse anche per le ristrutturazioni che beneficiano di incentivi pubblici per raggiungere il taglio del 55% sulle emissioni di gas a effetto serra.
- entro giugno 2022, istituire un fondo di garanzia capace di ampliare il numero di soggetti che possono accedere a finanziamenti per la costituzione delle comunità energetiche, incoraggiando la diffusione di questo modello energetico di autoproduzione energetica.
- entro maggio 2022, attivare proposte di revisione dei titoli di efficienza energetica dell’industria per premiare e semplificare gli interventi che riducono i consumi di gas nei processi produttivi e che prediligono autoconsumo da fonti rinnovabili, e creare linee guida per ripianificare i distretti produttivi in chiave circolare. Non da ultimo, prevedere incentivi per l’acquisto di mezzi privati e pubblici elettrici (o biometano/bio-GNL per quelli a lunga percorrenza), introdurre l’uso di idrogeno in via sperimentale per i trasporti a lunga percorrenza e l’elettricità da fonti green.
Si tratta, dunque, di interventi normativi e autorizzativi da mettere in campo, da qui ai prossimi mesi, per muovere passi concreti verso la transizione energetica nazionale.
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