Le prospettive per le comunità energetiche italiane
Secondo Legambiente le comunità energetiche in Italia contribuiranno per il 30% agli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti nel PNIEC.
La decarbonizzazione è un processo che punta a limitare, e poi definitivamente annullare, la dipendenza dalle fonti fossili e le emissioni di CO2 per la tutela dell’ambiente, il benessere delle persone e la stabilità e sostenibilità del sistema economico.
Trattandosi di un obiettivo di così ampia portata, il processo necessario per la sua realizzazione è molto articolato e abbraccia molti aspetti della produzione e del consumo dell’energia.
Per quanto riguarda l’impegno del nostro Paese, l’Italia è uno tra i principali produttori europei di energia da fonti rinnovabili, riuscendo addirittura a superare il target del 17% stabilito dall’Unione Europea (Direttiva 2009/28/CE) per il contributo da FER sui consumi finali lordi per il 2020. Ma i nuovi obiettivi che l’Italia si è data nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) per il 2030 sono ancora più ambiziosi, prevedendo un aumento della quota da Fer al 30% per il soddisfacimento dei consumi finali lordi di energia.
A questo scenario si aggiunge l’apertura italiana alle comunità energetiche con il recepimento delle direttive europee RED II e IEM, che definiscono e regolano le configurazioni applicabili.
Nello specifico, la RED II riguarda la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, di cui:
- l’Articolo 21 definisce l’autoconsumo collettivo come una pluralità di consumatori ubicati all’interno di un edificio in cui sono presenti uno o più impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili;
- l’Articolo 22 definisce le comunità energetiche rinnovabili come una pluralità di persone fisiche, PMI ed enti pubblici in un’area circoscritta caratterizzata da prossimità fisica in cui sono presenti uno o più impianti di proprietà della comunità e alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili.
L’IEM invece stabilisce le norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, di cui l’Articolo 16 definisce le comunità di cittadini come una pluralità di persone fisiche, PMI ed enti pubblici privi di prossimità fisica in cui sono presenti uno o più impianti di proprietà della comunità e alimentati da qualsiasi fonte energetica.
Secondo l’indagine di Legambiente “Il contributo delle comunità energetiche alla decarbonizzazione in Italia” queste novità sul mercato energetico italiano daranno una spinta cruciale verso la decarbonizzazione.
I dati presentati nell’indagine stimano che entro il 2030 il nostro Paese sarà in grado di produrre 22,8 TWh di energia elettrica da fonti rinnovabili anche grazie al contributo delle comunità energetiche, che metteranno a disposizione 17,2 GW di nuova capacità pari al 30% dell’incremento previsto dal PNIEC.
Oltre all’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, le comunità energetiche avranno importanti ricadute economiche grazie a 13,4 miliardi di euro che verranno investiti nel corso di questo decennio, generando a loro volta un valore aggiunto di 2,2 miliardi di euro per le imprese italiane della filiera e 19mila posti di lavoro.
Solo prendendo in considerazione l’impatto diretto sulla produzione elettrica, le comunità energetiche permetteranno di ridurre le emissioni di CO2 di 47,1 milioni di tonnellate, a cui si devono aggiungere gli effetti indiretti di disporre di elettricità autoprodotta e quindi accompagnata da un sensibile diminuzione delle perdite legate al trasporto e alla distribuzione.
Quest’energia potrà essere impiegata anche per il riscaldamento, per esempio grazie all’utilizzo delle pompe di calore, e per la mobilità, con sistemi di ricarica elettrica installabili direttamente nel proprio garage, riducendo ulteriormente la nostra dipendenza dalle fonti fossili con benefici sia ambientali che economici.
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